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La delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullità del matrimonio è esente da tributi, lo ribadisce l’Agenzia delle Entrate.

La delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullità del matrimonio è esente da tributi, lo ribadisce l’Agenzia delle Entrate.

Con “Risposta ad Interpello n. 199/2020” l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa i provvedimenti di delibazione delle sentenze ecclesiastiche che dichiarano la nullità del matrimonio concordatario, interpretando in modo estensivo l’articolo 19 della legge n.74 del 1987.  

L’articolo 19 summenzionato dispone che “tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli artt. 5 e 6 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”.

La Corte Costituzionale con la sentenza 10 maggio 1999, n. 154 ha dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 19 in parola, nella parte in cui non estendeva l’esenzione a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi.

La Corte ha sottolineato che l’agevolazione prevista dalla norma deve essere estesa alla totalità dei tributi afferenti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi alle diverse fasi della crisi del matrimonio.

Inoltre, la Corte Costituzionale ha ritenuto applicabile il regime di favore dell’articolo 19, sopra citato:

  1. agli atti relativi al procedimento di separazione personale (sentenza della Corte Costituzionale del 10/05/1999, n. 154);
  2. alle obbligazioni assunte negli stessi procedimenti (sentenza della Corte Costituzionale del 2-15/04/1992, n. 176);
  3. ai provvedimenti di condanna al pagamento di assegni di mantenimento a favore dei figli (sentenza della Corte Costituzionale del 11/06/2003, n. 202).

Per giurisprudenza costante (cfr. Cassazione sentenza n. 176/1992) una diversa interpretazione sarebbe in contrasto con i principi di cui gli artt. 3, 29, 31 e 53 della Costituzione in considerazione dell’omogeneità delle situazioni poste a raffronto, che non consentirebbe di differenziare ragionevolmente il trattamento fiscale degli atti relativi ai procedimenti di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e del procedimento di separazione dei coniugi.

Il profilo tributario non può ragionevolmente riflettere un momento di diversificazione delle  procedure, atteso che l’esigenza di agevolare l’accesso alla tutela giurisdizionale, che motiva e giustifica il beneficio fiscale con riguardo agli atti del giudizio divorzile, è tipica anche del giudizio di separazione.

L’articolo 19 della legge n. 74/1987 è da considerarsi una norma di esenzione di natura principalmente oggettiva, posta a presidio delle ragioni sociali di tutela della famiglia e di salvaguardia dell’integrità economica nella crisi familiare.

La ratio dell’articolo 19 risiede nell’esigenza di agevolare l’accesso alla tutela giurisdizionale, evitando che l’imposizione fiscale possa gravare pesantemente sui coniugi, rendendo ancora più difficile il superamento della crisi che stanno vivendo. Nel raffronto tra gli interessi in gioco il legislatore sacrifica le entrate erariali a favore dei diritti fondamentali della persona ed a tutela della famiglia.

La Corte di Cassazione, ancora, con l’ordinanza 21 settembre 2017, n. 22023, ha ribadito che, con le agevolazioni in argomento, il legislatore ha inteso favorire “gli atti e le convenzioni che i coniugi, nel momento della crisi matrimoniale, pongono in essere nell’intento di regolare sotto il controllo del giudice i loro rapporti patrimoniali”.

Infine, l’Agenzia delle Entrate rileva che i provvedimenti e gli atti giudiziari del procedimento di delibazione delle sentenze ecclesiastiche, esenti da imposta di registro, non sono soggetti all’obbligo della registrazione, poiché, alla formalità predetta, sono soggetti solo gli atti giudiziari per i quali l’imposta di registro è dovuta (circolare dell’Agenzia delle Entrate 30 marzo 2003, n. 70 e circolare del Ministero della Giustizia 28 giugno 2002, n. 30).

Sulla base di quanto sopra esposto, l’Agenzia delle Entrate con la “risposta ad interpello 199/2020” ed a conferma della soluzione interpretativa adottata con la Ris. n. 43 del 2005, ribadisce che l’interpretazione dell’art. 19 L. 74/1987 è tale da ricomprendere nell’alveo dell’agevolazione tutti gli atti che i coniugi pongono in essere nell’intento di regolare i propri rapporti giuridici ed economici relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso (cfr. circolare n. 18/E del 29 maggio 2013).

Conseguentemente, ritiene che anche la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio, in quanto determina nell’ordinamento statuale italiano, la cessazione degli effetti civili prodotti dalla trascrizione nei registri di stato civile del matrimonio concordatario rientra tra “Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio” esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa, ai sensi dell’ articolo 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

Qui di seguito il testo integrale dell’Atto di interpello 199/2020 https://www.rotalawyer.com/wp-content/uploads/2020/07/Risposta-allinterpello-n.-199-del-2020.pdf

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