Guarire dalla corruzione è possibile?

Cosa ne pensano i cittadini?
A metà 2020, la corruzione è considerata diffusa dal 70% dei cittadini europei e dalla quasi totalità dei cittadini italiani (9 su 10). E infatti, almeno secondo il rapporto UE 2021 Global Corruption Barometer, i mali del nostro Bel Paese vengono così descritti:
- Mazzette a contatti personali? In generale, versate da 1 cittadino su 3. Per ospedali pubblici 29%, Polizia 24%, Scuola pubblica 23%, previdenza sociale 22%, documenti di identità presso il Comune 21%.
- Istituzioni corrotte? Parlamento (32% degli intervistati), Governo (27%), dirigenza aziendale (25%), amministrazioni locali (22%), banche (19%), sistema giudiziario (18%, alla pari con le ong).
- Possibilità di denunciare senza paura di rappresaglie? “No” per il 58%, cioè quasi 2 cittadini su 3.
- Lavoro del Governo per combattere la corruzione? “Cattivo” per il 51%.
- Governo guidato da interessi privati? “Sì” per il 51%.
Realtà o sensazione che sia, il rapporto rileva una grande preoccupazione per i rapporti tra Governi e gli interessi privati. Ma anche una percezione diffusa di impunità, nel senso che solo un quinto della popolazione pensa che i corrotti stiano scontando le giuste punizioni.
Eppure, tra le principali raccomandazioni dell’UE c’è la protezione di chi denuncia, attraverso:
- Il recepimento entro dicembre 2021 della Direttiva Whistleblowers in tutti i Paesi dell’Unione – cosa che l’Italia si è ben guardata dal fare, lasciando scadere il provvedimento e andando incontro all’ennesima infrazione da pagare.
- La difesa dei whistleblowers e dei giornalisti, anche da azioni legali vessatorie volte a silenziarli – cosa pressoché inesistente nel nostro Paese, dove il giusto cammino della Giustizia rimane un’eccezione e dove, invece, la regola è quella dei processi capovolti.
La buona notizia?
Più di 2 cittadini europei su 3 pensano di poter fare la differenza nella lotta alla corruzione – percentuale che, in Italia, sale all’85.
“Peccatore, sì. Corrotto, no!”
Parola di Papa Francesco, che da anni si dedica al tema attraverso libri, interventi pubblici e anche misure concrete “dentro casa”.
La corruzione viene definita “una mala pianta” che ha invaso la politica, l’economia, la società e che minaccia anche la Chiesa. “Un tarlo” che si annida nei cuori e dal quale è necessario guarire. Risanando comportamenti, scelte, relazioni e tessuto sociale, affinché la Giustizia prenda il posto dell’iniquità. Perché «la corruzione avvilisce la dignità della persona e frantuma gli ideali. Tutta la società è chiamata a impegnarsi concretamente per contrastare il cancro della corruzione che, con l’illusione di guadagni rapidi e facili, in realtà impoverisce tutti».
Soprattutto nella Politica, dove la corruzione assume le «molteplici forme di appropriazione indebita dei beni pubblici o di strumentalizzazione delle persone». Una denuncia del Santo Padre che, nel 2019, arrivò in concomitanza con l’Eurobarometro UE. Secondo il quale per quasi 8 aziende europee su 10 il principale motore della corruzione era proprio il legame tra affari e mondo politico. Una «brama dell’avere», dice il Santo Padre, che non conosce limiti e che non si può combattere con il silenzio: «Dobbiamo parlarne, denunciarle i mali, comprenderla per poter mostrare la volontà di far valere la misericordia sulla meschinità, la bellezza sul nulla». Vigilanza e trasparenza, unite al coraggio della denuncia.
Come dicevo, a cominciare dal Vaticano. Perché Bergoglio ha stabilito che capi dicastero, dirigenti laici e tutti coloro che hanno funzioni di amministrazione attiva debbano sottoscrivere una dichiarazione anti-corruzione. Nella quale attestare di non aver riportato condanne definitive, di non aver beneficiato di indulto, amnistia o grazia e di non essere stati prescritti. Di non essere sottoposti a processi penali pendenti o a indagini per partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, terrorismo, riciclaggio di proventi di attività criminose, sfruttamento di minori, tratta o sfruttamento di esseri umani, evasione o elusione fiscale. «La regalità di Gesù», ha spiegato il Pontefice, «è diversa da quella mondana. Egli non viene per dominare, ma per servire. Non arriva con i segni del Potere ma con il potere dei segni. Quando si vive sotto la sua signoria, non si diventa corrotti, falsi, inclini a coprire la verità».
Tutte le religioni e tutti gli ordinamenti giuridici del mondo condannano la corruzione. Riferimenti di fede ma anche laici, di intere culture e civiltà. Allora, perché? Perché il “contagio” crescente? Perché gridare contro e conviverci? O persino sguazzarci, sempre a danno di qualcun altro?
Avv. Maria Capozza