Controversie lavorative fra dipendenti e Vaticano: tutte le risposte

Le controversie fra dipendenti e lo Stato della Città del Vaticano seguono un preciso iter e trovano nell’Avvocato Rotale esperto in Diritto Canonico del Lavoro il professionista di riferimento.
Il lavoro al centro
Fin dalla storica enciclica Rerum novarum di Papa Leone XIII, la dottrina sociale della Chiesa ha posto il lavoro come fulcro delle questioni che riguardano la società.
Anche Papa Francesco ha recentemente precisato che il lavoro debba essere “al centro“, poiche esso “sta al cuore della vocazione stessa data da Dio all’uomo, di prolungare la sua azione creatrice e realizzare, attraverso la sua libera iniziativa e il suo giudizio, un dominio sulle altre creature che si traduca non in asservimento dispotico, ma in armonia e rispetto”.
Il dipendente e/o collaboratore dello Stato della Città del Vaticano o di altra realtà soggetta al Diritto del Lavoro Canonico entra, quindi, in un ambiente che ha a cuore la Dignità del Lavoro.

Cosa può fare il dipendente del Vaticano se ritiene di essere stato leso da un provvedimento amministrativo in materia di lavoro?
Innazitutto, qualora i Regolamenti delle rispettive Amministrazioni lo prevedano, il lavoratore deve, sotto pena di inammissibilità della propria istanza, esperire in tutti i gradi il ricorso interno ai Superiori gerarchici.
Inoltre, il lavoratore del Vaticano – con qualsiasi ruolo e livello retributivo – può proporre istanza all’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica (ULSA) oppure può adire l’Autorità giudiziaria vaticana.
In ogni caso, è obbligatorio l’avvio di un tentativo di conciliazione innanzi al Direttore dell’ULSA, quale condizione di procedibilità.
In caso di fallita conciliazione, attraverso l’esame e la decisione del Collegio di conciliazione e arbitrato.
Controversie lavorative in Vaticano
Le controversie lavorative per i dipendenti dello Stato della Città del Vaticano possono essere:
- Individuali;
- collettive (se riferibili a interesse di una intera categoria di dipendenti);
- plurime (quelle relative alla medesima questione giuridica o alle medesime richieste prospettate da più dipendenti in un unico ricorso o in singoli ricorsi preliminarmente riuniti).
Sono escluse dalla istanza e dal ricorso le materie di competenza delle Commissioni Disciplinari previste nei Regolamenti Generali delle Amministrazioni.
Evitare la prescrizione
Ogni diritto derivante dal rapporto di lavoro si prescrive nel termine di cinque anni, con decorrenza dal giorno in cui può essere fatto valere.
La presentazione dell’istanza al Direttore per l’espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione interrompe i termini di prescrizione fino alla notifica alle parti del verbale che conclude la fase di conciliazione obbligatoria.
Come può comparire il ricorrente?
Il ricorrente deve comparire personalmente e, soltanto in caso di motivato impedimento, può farsi sostituire da un procuratore speciale autorizzato a conciliare nominato con atto pubblico o scrittura privata autenticata.
Cosa deve fare il Datore di Lavoro?
L’Amministrazione è tenuta a comparire per esperire il tentativo di conciliazione innanzi al Direttore dell’ULSA.
L’eventuale mancata comparizione equivale ad esito negativo del tentativo di conciliazione, e se ne deve dare atto nel relativo verbale ai fini della successiva determinazione delle spese di giudizio da parte del Collegio di conciliazione e arbitrato o dell’Autorità giudiziaria vaticana.
Chi può assistere le parti in causa?
Un Avvocato Rotale (o particolarmnte esperto) iscritto all’Albo dell’ULSA.
Qual è il ruolo dell’Avvocato?
L’Avvocato Rotale dovrà assistere il lavoratore ed adoperarsi al meglio per tentare la conciliazione tra le parti in causa.
Qual è la procedura da seguire?
L’istanza per le controversie lavorative fra dipendenti e Stato della Città del Vaticano deve essere proposta dall’interessato all’ULSA entro trenta giorni dalla notifica, ovvero, in sua mancanza, dall’effettiva conoscenza del provvedimento contro il quale si intende ricorrere.
Il Direttore dell’ULSA, ammessa l’istanza, convoca le parti per il tentativo di conciliazione.
L’improcedibilità deve essere rilevata, anche d’ufficio, non oltre la prima udienza davanti al Collegio di conciliazione e arbitrato o al Tribunale dello Stato della Città del Vaticano.
Il procedimento obbligatorio di conciliazione deve essere definito entro novanta giorni dalla data di ammissione dell’istanza se esperito di fronte al Direttore, entro centottanta giorni se è rimesso al Consiglio.
Il termine può essere prorogato una sola volta ma
- per non più della metà della sua durata,
- per accordo scritto tra le parti o con provvedimento motivato, rispettivamente, del Direttore o del Presidente.
Nel tentativo di conciliazione per le vertenze fra dipendenti e lo Stato della Città del Vaticano, il Direttore deve redigere verbale che, in caso di motivato impedimento del ricorrente, può essere sottoscritto dal suo procuratore speciale.
In caso di esito positivo tale verbale costituisce titolo esecutivo.
In difetto di conciliazione il Direttore ricorda nel verbale alle parti che, nei successivi sessanta giorni, hanno facoltà di proporre ricorso al Collegio ai sensi dell’Art. 16 o all’Autorità giudiziaria.
In caso di esito negativo del tentativo di conciliazione, il Collegio è investito della controversia a seguito di ricorso, da presentarsi al Direttore entro sessanta giorni dalla data del verbale di non riuscita del tentativo di conciliazione.
Qualora entro sessanta giorni dalla data di formazione del verbale negativo o dalla data di scadenza dei termini predetti, le parti non abbiano proposto ricorso al Collegio o all’Autorità giudiziaria vaticana, il Direttore con suo provvedimento dichiara chiusa la controversia per inattività delle stesse.
dì Maria Pia Capozza, Avvocato Rotale