La riforma del Diritto Penale Canonico di Papa Francesco
Papa Francesco ha promulgato il nuovo Libro VI del Codice di Diritto Canonico, relativo alle sanzioni penali nella Chiesa, con la Costituzione Apostolica Pascite gregem Dei (Pascete il gregge di Dio) del 23 maggio 2021 e che entrerà in vigore il prossimo 8 dicembre 2021.
Tre principali criteri direttivi
Le modifiche introdotte nel nuovo Libro VI, relative alle sanzioni penali nella Chiesa, rispondono fondamentalmente a tre criteri direttivi:
A. adeguata determinatezza delle norme: si è ridotto l’ambito di discrezionalità lasciato prima all’autorità, senza eliminare il discernimento del Pastore e precisamente:
a) i reati sono specificati meglio, distinguendo fattispecie che prima invece erano piuttosto accorpate;
b) le sanzioni sono tassativamente elencate dal can. 1336;
c) il testo riporta ovunque parametri di riferimento per guidare le valutazioni di chi deve giudicare le circostanze concrete.
B. la protezione della comunità e l’attenzione per la riparazione dello scandalo e per il risarcimento del danno.
I nuovi testi invitano a imporre un precetto penale (can. 1319 § 2 CIC), o a avviare la procedura sanzionatoria (can. 1341), sempre che l’Autorità lo ritenga prudentemente necessario o qualora abbia constatato che per altre vie non è possibile ottenere sufficientemente il ristabilimento della giustizia, l’emendamento del reo, e la riparazione dello scandalo e del danno causato.
In termini generali il can. 1361 §4 prevede che “non si deve dare la remissione – di una pena – finché, secondo il prudente giudizio dell’Ordinario, il reo non abbia riparato il danno eventualmente causato”.
C. fornire al Pastore i mezzi necessari per poter prevenire i reati e per intervenire per tempo nella correzione di situazioni che potrebbero diventare più gravi.
A tal fine si prevedono forme di intervento che non sono propriamente sanzioni penali, e possono essere adoperate anche senza una specifica procedura istruttoria, ma sempre nell’osservanza delle prescrizioni stabilite per l’emanazione di atti amministrativi e precisamente:
- l’ammonizione
- la riprensione
- il precetto penale
- la vigilanza
Il principio di presunzione di innocenza
Il can. 1321 §1 prevede il principio in base al quale: “chiunque è ritenuto innocente finché non sia provato il contrario”.
Pur dovendo accettare come inevitabile l’impiego della procedura sanzionatoria amministrativa piuttosto che il processo giudiziale, si è sottolineata la necessità di osservare in tali casi tutte le esigenze del diritto di difesa, di raggiungere la certezza morale sulla decisione finale nonché l’obbligo dell’autorità di mantenere comunque l’indipendenza che è richiesta al giudice dal can. 1342 §3 CIC.
Le nuove fattispecie penali
Con criteri di maggior chiarezza si sono riordinate le fattispecie penali:
- sono stati incorporati al Codice reati tipizzati in leggi speciali, come la tentata ordinazione di donne; la registrazione delle confessioni; la consacrazione con fine sacrilego delle specie eucaristiche.
- sono state incorporate alcune fattispecie presenti nel Codex del 1917 che non vennero accolte nel 1983. Ad esempio, la corruzione in atti di ufficio, l’amministrazione di sacramenti a soggetti cui è proibito amministrarli; l’occultamento all’autorità legittima di eventuali irregolarità o censure in ordine alla ricezione degli ordini sacri.
- Sono state inserite nuove fattispecie come ad esempio la violazione del segreto pontificio; l’omissione dell’obbligo di eseguire una sentenza o decreto penale; l’omissione dell’obbligo di dare notizia della commissione di un reato; l’abbandono illegittimo del ministero. In modo particolare, sono stati tipizzati reati di tipo patrimoniale come l’alienazione di beni ecclesiastici senza le prescritte consultazioni; o i reati patrimoniali commessi per grave colpa o grave negligenza nell’amministrazione.
- è stato tipizzato un nuovo reato previsto per il chierico o il religioso che “oltre ai casi già previsti dal diritto, commette un delitto in materia economica – anche in ambito civile – o viola gravemente le prescrizioni contenute nel can. 285 § 4” che vieta ai chierici l’amministrazione di beni senza licenza del proprio Ordinario.
- il reato di abuso di minori è ora inquadrato non all’interno dei reati contro gli obblighi speciali dei chierici, bensì come reato commesso contro la dignità della persona. Inoltre, il nuovo can. 1398 comprende le azioni compiute non solo da parte dei chierici, che come si sa appartengono alla giurisdizione riservata della Congregazione per la Dottrina della Fede, ma anche i reati di questo tipo commessi da religiosi non chierici e da laici che occupano alcuni ruoli nella Chiesa, così come eventuali comportamenti del genere, con persone adulte, ma commessi con violenza o abuso di autorità.
Compiti dell’Autorità Ecclesiastica
Papa Francesco ribadisce che: “L’osservanza e il rispetto della disciplina penale è compito dell’intero Popolo di Dio, ma la responsabilità della sua corretta applicazione corrisponde specificamente ai Pastori e ai Superiori delle singole comunità.
È un compito che appartiene in modo indissociabile al munus pastorale che viene loro affidato, e va esercitato come concreta e irrinunciabile esigenza di carità nei confronti della Chiesa, della comunità cristiana e delle eventuali vittime, ma anche nei confronti di chi ha commesso un reato, che ha bisogno insieme alla misericordia anche della correzione della Chiesa” (cf Pascite gregem Dei).
Il Pastore è chiamato ad esercitare il suo compito “col consiglio, la persuasione, l’esempio, ma anche con l’autorità e la sacra potestà” (cf Lumen gentium, 27), e, “se necessario, anche con l’inflizione o la dichiarazione delle pene, secondo i precetti della legge, che sempre devono essere applicati con equità canonica” (cf can. 1311, § 2).
“La negligenza di un Pastore nel ricorrere al sistema penale -laddove richiesto- rende manifesto che egli non adempie rettamente e fedelmente la sua funzione”, (cf Lettere apostoliche date in forma di Motu proprio Come una madre amorevole, 4 giugno 2016, e Vos estis lux mundi, 7 maggio 2019).
Caritas e salus animarum
È la carità che richiede che i Pastori ricorrano al sistema penale tutte le volte che occorra, tenendo presenti i tre fini che lo rendono necessario, e cioè:
- il ristabilimento delle esigenze della giustizia;
- l’emendamento del delinquente;
- la riparazione degli scandali.
“Il Codice di diritto canonico è estremamente necessario alla Chiesa. Poiché, infatti, è costituita come una compagine sociale e visibile, essa ha bisogno di norme: sia perché la sua struttura gerarchica e organica sia visibile; sia perché l'esercizio della sacra potestà, possa essere adeguatamente organizzato; sia perché le scambievoli relazioni dei fedeli possano essere regolate secondo giustizia, basata sulla carità, e possano essere garantiti e ben definiti i diritti dei singoli” (cf Costituzione apostolica Sacrae disciplinae leges, 25 gennaio 1983, San Giovanni Paolo II ).
S. Tommaso insegna che “La giustizia senza la pietà conduce alla crudeltà, ma la misericordia senza giustizia invece porta alla dissoluzione dell’ordine”. Per la creazione e il mantenimento di un ordine sociale e, quindi, per raggiungere e conservare un buon livello di comunione, c’è bisogno sia di giustizia che di amore misericordioso.
Conseguentemente, la sanzione canonica ha anche una funzione di riparazione e di medicina salutare e cerca soprattutto il bene dell’accusato, per cui «rappresenta un mezzo positivo per la realizzazione del Regno, per ricostruire la giustizia nella comunità dei fedeli, chiamati alla personale e comune santificazione» (Papa Francesco ai Partecipanti alla Sessione Plenaria del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, 21 febbraio 2020).
Garantire il rapporto di compenetrazione tra giustizia e misericordia è di fondamentale importanza.
Il Papa, però, a conclusione della Costituzione ci ricorda che anche le norme penali, come tutte le norme canoniche, devono sempre essere riportate alla norma suprema che vige nella Chiesa, la salus animarum.
La cronistoria di anni di confronto e dibattito sulle modifiche da apportare
Il testo è frutto di anni di lavoro e consultazioni tra esperti di tutto il mondo.
Negli anni immediatamente successivi alla promulgazione del Codice di Diritto Canonico del 1983 si poté constatare che la disciplina penale contenuta nel Libro VI non rispondeva alle attese che aveva suscitato.
I canoni riguardanti il diritto penale erano stati significativamente ridimensionati rispetto al Codex del 1917 e, soprattutto, era cambiato l’orientamento di base del sistema.
I nuovi testi erano spesso indeterminati in quanto si riteneva che i singoli Vescovi e i Superiori, ai quali spetta applicare la disciplina penale, avrebbero stabilito meglio quando e come punire nel modo più adeguato.
Purtuttavia l’esperienza ha dimostrato subito le difficoltà degli Ordinari nell’adoperare le norme penali in quanto indeterminate e nella difficoltà di coniugare le esigenze della carità con quelle della giustizia.
Questo generale contesto portò il Santo Padre Benedetto XVI a dare formale incarico nel 2009 al Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi di avviare la revisione del Libro VI del Codice di Diritto Canonico.
Nell’estate del 2011 un primo schema di lavoro venne inviato a tutte le Conferenze episcopali, ai Dicasteri della Curia romana, ai Superiori Maggiori degli Istituti di vita Consacrata, alle Facoltà di diritto canonico, a tutti i consultori e ad un ampio numero di altri canonisti.
Dalla consultazione sono arrivati più di 150 corposi pareri che servirono per il successivo lavoro del gruppo, fino ad arrivare a metà dell’anno 2016 ad un nuovo Schema emendato.
Altre consultazioni con Dicasteri e consultori portarono a perfezionare il testo che venne approvato dalla Plenaria del Dicastero il 20 gennaio 2020.
Tale documento, con alcuni ulteriori aggiustamenti, principalmente in materia economica, è stato definitivamente fissato dal Pontificio Consiglio e presentato all’attenzione del Santo Padre che ha firmato la Costituzione Apostolica.
Come risultato dei lavori, degli 89 canoni che compongono questo Libro VI, ne sono stati modificati 63 (il 71%), spostati altri 9 (10%) mentre ne rimangono immutati solo 17 (19%).
Diffondi il testo “nella speranza che esso risulti strumento per il bene delle anime”.